Intervista allo scrittore Marco Righetti
Marco Righetti nasce a Roma nel 1958. Ex avvocato penalista, ha studiato Italianistica ed è vincitore di numerosi premi per l’inedito e l’edito relativi a teatro, poesia, narrativa breve e lunga e, da ultimo, alla narrativa per l’infanzia. È stato inoltre ospite di scuole romane e si è recentemente occupato, nel corso dell’anno scolastico, delle poesie di una scolaresca milanese di quarta primaria, finalizzando la comunicazione scritta e visiva dei singoli testi. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di vario genere.
La scrittura di fiabe è stata una costante, ed è recente la sua produzione di libri per l’infanzia. Oltre a Il termometro favoloso e il bambino tornato dal futuro, ha scritto Le avventure di Bambù e altre storie incredibili, di prossima pubblicazione, e Tutti matti per un Rubino, in corso di revisione. Altre fiabe inedite, fra cui Forza8, un’avventura surreale ed esilarante, attendono di dire la loro. Si veda anche la cartella “Scuola e Fiabe” nel sito dell’autore, sotto indicato.
Fra le opere poetiche figurano: Dirette (Lietocolle, 2006), vincitrice del premio Opera Prima al concorso L’astrolabio 2007; Il seguito mancante (Puntoacapo, 2010), vincitrice del premio Giuria al concorso Città di Castrovillari; In questo breve corso senza fine (Puntoacapo, 2015), opera finalista al premio Gozzano e vincitrice del premio speciale Giuria al concorso Il Litorale, segnalata a Le Grazie Porto Venere La Baia dell’Arte; Scritti nel bianco (in corso di pubblicazione con Puntoacapo). Si ricordano inoltre il poemetto Riscritture e altri testi di poesia, pubblicati nel sito Senecio, e A occhi chiusi, pubblicato in Retrobottega 2 di AA. VV. (Edizioni CFR, 2012).
Romanzi: l’eco thriller visionario Sole nero (Leone Editore, 2012, in abbinamento al quotidiano Libero); La vita è molto più (Leone Editore, 2013), la storia di una famiglia con un figlio autistico e soprattutto circondata dall’autismo sociale dei ‘sani’, premio Emotion al concorso Città di Cattolica, 2° al concorso Gli amici di Morfeo, 1° al concorso Un libro amico per l’inverno, 3° al premio Thesaurus; il thriller Ho ripreso la morte, terzo classificato al premio Argentario Caravaggio 2023; il thriller Il mio passato è scritto in te, vincitore del premio della Critica Set Art 2023.
Sillogi di racconti: L’occhio di Dio (LuoghInteriori, 2020), prima classificata al premio Città di Castello 2019; Lettere e voci da un’altra storia (in attesa di pubblicazione), finalista al premio Città di Asti; Ma che storia è questa? (raccolta di testi umoristici in attesa di pubblicazione), segnalata al premio Set Art 2023.
Fra le opere teatrali: L’incontro (in corso di pubblicazione con Il Convivio Editore) su un caso di tentato femminicidio e sugli ex ospedali psichiatrici giudiziari, 3° al premio G. A. Borgese 2024 per il teatro, e vincitrice del premio Eccellenza al concorso San Domenichino 2024;
Il posto (in Teatro contemporaneo e cinema n. 10/2011); Il canestro (I Drammaturghi del drago, Bevivino, 2012); Come una madre, monologo, contenuto in Percezioni dell’invisibile (L’Arca Felice, 2012), letto nel Teatro dei Dioscuri al Quirinale e nella Sala del Carroccio al Campidoglio; La vita che credevamo, 2° a Le pietre di Anuaria 2023;
La terrazza, storia dell’intimo in tre tempi, un solo esterno colto in tre momenti storici – dapprima terrazza di un ristorante (nel 1953), poi pertinenza di un appartamento privato (2025), e infine roof-garden di un rinomato locale in un futuro prossimo – in ogni situazione dilatato a luogo e tempo della coscienza. Dalla quale emergono storie di violenza subita da una partigiana, l’ambiguo confronto fra un marito e il fantasma della moglie deceduta; nonché, nel finale inquietante, la distanza fra la realtà avvertita dal singolo e quella sperimentata dagli altri;
2070, due ombelichi, 2° al premio Nicola Martucci Città di Valenzano; L’invenzione degli altri, dramma di un’esistenza improvvisamente sospesa fra la vita e la morte;
NAT’in Sicilia, ‘commedia prossima’ ambientata nella periferia di Catania, non lontano dalla base militare di Sigonella e dalle altre infrastrutture NATO e USA presenti nella provincia, in uno dei prossimi anni, in pieno dominio di cyber war, di campagne con finalità spionistiche a danno della sicurezza nazionale.
Si veda anche la cartella “Teatro”, nel sito personale.
Pubblicazioni in riviste. Altre sue opere compaiono in riviste cartacee e online: Poeti e Poesia, Gradiva, La Mosca di Milano, il clanDestino, LaRecherche, Versante Ripido, Clinica finanziaria. Attualmente pubblica su Senecio (www.senecio.it), rivista online di cultura classica e antichistica.
Nel sito dell’autore, www.marcorighetti.com, sono presenti i dettagli di testi, pubblicazioni, presentazioni, recensioni scritte e ricevute, interviste, video e ulteriori premi vinti.
Eccoci, curiosi e interessatissimi finalmente conosciamo Marco Righetti, autore del libro “Il termometro favoloso e il bambino tornato dal futuro”. Ci vuole dire come mai è arrivato a questa pubblicazione?
Scrivere un libro è sempre a suo modo un imprevisto, un qualcosa che, dopo un abbozzo (anche molto strutturato), può succedere o no. Ma può anche essere l’esito inaspettato di un processo nato decenni prima.
Un giorno mia madre mi regalò un dizionario di psicologia della SEI, ricordo che frequentavo la media, ce l’ho in mente come fosse davanti a me. Da lì il passo alle altre scienze sociali fu breve. Nella postfazione al libro cito ricercatori e docenti di Educational Psychology. Ma anche mia madre, insegnante meravigliosa, era contemporaneamente educatrice e psicologa dei suoi alunni, spesso di borgata, in un periodo in cui Luciano Bianciardi (e non solo lui) svelava tutto l’inganno del cosiddetto boom economico.
Forse le prime righe del romanzo nacquero allora, in casa, o nei temi in classe sul mio rapporto con i coetanei, nelle immagini della vita in diretta che leggevo intorno a me.
Quelle righe, però, rimasero nascoste, le devo aver conservate nel mio cognome, evidentemente. È utile chiamarsi Righetti, una specie di porta-righe, un silente contenitore di appunti.
Quando e come nasce “Il termometro favoloso e il bambino tornato dal futuro”?
È figlio del periodo attuale.
Si fa un gran parlare di intelligenza artificiale, del suo impatto sulla capacità creativa di coloro che scrivono, a ogni livello.
Una mattina, all’uscita di una scuola primaria che ho vicino a casa, mi soffermo sulle facce disorientate di quei bambini che non sanno più ridere, che vedono scene di guerra sui social e in tv, che non arrivano a domandare cosa succede nel mondo ma lo vedono e basta. E subito dopo li immagino curiosare nel PC dei fratelli che vanno alle secondarie – e che stanno ‘facendo una ricerca’ da condividere online con la classe – e purtroppo usare ChatGPT per fare i compiti…
I bambini assorbono tutto quello che ascoltano o vedono, spesso la loro capacità critica è in sofferenza, anche a causa del bombardamento quotidiano lanciato dai dispositivi digitali, da serie tv alle quali non segue un minimo di riflessione o di discussione in casa. Sono spesso dei contenitori passivi di vita adulta, che non riescono a filtrare. O fanno giochi digitali che non allenano certo la mente a creare le immagini, così preziose per gestire il proprio inconscio.
E allora ho pensato: proviamo a usare la fantasia come il mezzo pedagogico per eccellenza, che possa aiutarli a liberare le proprie paure inconsce, a rivivere con una prima coscienza critica le urgenze e le emergenze che premono dal mondo, che si trovano a vivere.
Quando scrivo per l’infanzia uso dunque la fantasia non per falsificare la realtà, ma al contrario proprio per rivelare al lettore la sua stessa realtà profonda, in rapporto a sé e a tutto ciò che lo circonda.
Le connessioni fra inconscio e fantasia sono molto strette, come ho accennato nell’intervista fattami da voi Kimerik il 22 gennaio 2025, e come ho scritto nella citata postfazione. Ne parlerò più diffusamente durante una delle presentazioni del libro.
E naturalmente, richiamando quanto detto sopra, in questo romanzo non poteva mancare l’intelligenza artificiale…
Mi sono detto: usiamola in modo ‘fantastico’, perché no? E ho creato un ossimoro concettuale: ho inserito al centro dell’opera una macchina che ‘genera e trasmette fantasia’, lei che per definizione non potrebbe averla, ma che oggi sembra avvicinarsi sempre più al concetto di creatività.
Ma poi TERFAVOL, il termometro del prossimo futuro, questo essere indefinibile che non finisce di sorprendere, capace anche di intuizioni spiazzanti, è veramente una macchina? Io ancora non l’ho capito…
Ha un profilo Social? Ci vuole dare il suo Domicilio virtuale?
I miei profili social su Fb LinkedIn e Instagram (quest’ultimo l’ho appena aperto) li trascuro pur riconoscendone l’utilità, un giorno capirò perché. Meno lacunoso, ma sempre da aggiornare, è il mio sito personale, www.marcorighetti.com, con l’indirizzo mail per chi mi volesse contattare
Sta scrivendo? Ha altri progetti letterari nel cassetto?
Entro l’anno uscirà un nuovo libro di poesie, sto scrivendo un racconto su Edward Einstein, il figlio del quale il padre Albert disse che era l’unico problema che non era riuscito a risolvere. Devo terminare un lungo romanzo e il terzo libro di fiabe, rivedere alcune pièce. Soprattutto il teatro è una rincorsa infinita a scrivere qualcosa che mi soddisfi, ma l’osservazione vale per qualunque cosa scriva.
Riserviamo l’ultima parte dell’interviste a domande personali. Conosciamo meglio l’autore, ci racconti, di cosa si occupa? Si vuole raccontare e vuole raccontarci il suo mondo privato?
A rileggere la mia vita, direi che proprio la creatività è il nastro che l’ha srotolata, da quando bambino leggevo i volumoni con le fiabe della Fabbri, e ascoltavo stregato i 45 giri con quelle più popolari, a quando le inventavo per mio fratello (molto più giovane di me) e per i miei due figli, o scrivevo qualcosa di gradito ai miei genitori. Che mi ricordi, loro non mi hanno mai rimproverato di aver raccontato frottole, da uno che inventava continuamente era naturale aspettarsele. O forse hanno finto di bersele perché io stesso mi rendessi conto delle loro conseguenze… Pericolo inesistente quando poi ho esercitato come avvocato penalista…
Ma anche e soprattutto quella professione ha richiesto creatività, quella giuridica, nella preparazione delle difese, in tutta l’attività a favore degli imputati che mi affidavano il mandato. Furono anni esaltanti, proprio per la posta in gioco, la migliore difesa del cliente. La stima dei magistrati mi incoraggiava a far sempre meglio. E a contatto con le miserie i drammi gli orrori dell’esistenza ero a scuola, di vita anzitutto, e con un perenne bagaglio di libri e codici sulla schiena; anche la cultura giuridica pesava.
Fu in quel periodo, in quell’arduo romanzo di formazione in diretta, che vidi nascere i fotogrammi dei miei futuri thriller: li scorgevo nei casi che trattavo, ma la conclusione non dipendeva certo dall’estro del narratore.
E chi era, poi, costui? Le circostanze la sfortuna l’invidia e la cattiveria altrui, come dicevano i clienti, o una certa familiarità con la violenza, il discontrollo delle proprie emozioni, o vere e proprie patologie? Io dovevo correggere la narrazione, cambiarle genere, trasformare il thriller in qualcosa di meno traumatico, se possibile. L’evento delittuoso si era già consumato: occorreva proiettare il filmato dell’evento ma riportandolo indietro, per poi colpire la freccia del tempo ancora in volo, deviarla, tentare una ricostruzione diversa dell’elemento psicologico, delle circostanze del reato. Il dolus in re ipsa mi perseguitava soprattutto di notte.
A restare stabile era il corso della mia freccia personale che, portando scritto ‘creatività’, quasi come un destino, non poteva che indirizzarmi nell’ente che per eccellenza la tutela, la Siae.
In sordina, intanto, iniziavo ad affidare alle prime pubblicazioni i miei momenti creativi nella poesia e nella narrativa.
Ora, terminato il mio intenso e fecondo impegno con Siae, ho finalmente aperto i cassetti, pieni d’inediti. E ho iniziato a svuotarli, cioè a pubblicare con regolarità, tempi di mercato permettendo.
Ma c’è qualcos’altro che vorrei accennare, il mio rapporto con la disabilità: averla vista vivere fra i miei affetti è stata un’esperienza del cuore e un modo per avvicinarmi ancor più alla sofferenza.
Non a caso il mio secondo romanzo, La vita è molto più, narra la storia di una famiglia in cui un bambino autistico diventa il faro oscuro e tuttavia dotato di una luce che colpisce tutti, i genitori anzitutto. Francesco, infatti, ha un dono di empatia speciale, che crea dinamiche imprevedibili e apre alla speranza.
Cosa le piace?
Lo sport, che per me è ricerca e scoperta, poesia in corso.
Mi piace nuotare lungo la costa adriatica, intravedere come apparizioni, sotto le labili stalattiti d’acqua che per un istante colano dalle braccia prima che queste si immergano di nuovo, gli stabilimenti protesi ad accogliere il mare, la distesa colorata e brulicante di ombrelloni e sdraio, moderne sirene sconfitte e spiaggiate. E tuttavia continuare a nuotare, come un solitario ulisside della resistenza, o del rientro nell’elemento di provenienza, il mare, l’insondabile ventre materno. Perlustrare quel mare che può essere figlio, come suggerisce Kazantzakis nel suo poema.
Nuoto che è poi una diversa versione dell’amata corsa di fondo: nel 2003 feci una sorta di corsa a tappe, anche qui lungo la costa (laziale), da un comune all’altro: mi piaceva guardare le pinete e i centri abitati arretrare lentamente, come fossero loro a ritirarsi e non io ad avanzare nella geografia fisica dei luoghi.
Il mare, dunque, come testimone del tentativo di vincere la gravità: il nuoto è una forma di volo mascherato, sei senza peso; la corsa di fondo è un prolungato, illusorio sforzo di staccarsi da terra.
Adoro scrivere, non solo avventure per l’infanzia e adolescenza, ma anche thriller romanzi racconti poesie teatro.
E, forse proprio per la sete alimentata dalla stessa scrittura, amo quello che non sono: insegnante, direttore d’orchestra, neuroscienziato, astrofisico, tutte strade in qualche modo accomunate dall’ascolto, che sia l’umano, l’insondabile, la matematica, l’infinitamente piccolo o grande, l’Altro.
Inseguo musica, dal Miserere dell’Allegri col do sovracuto di Mendelssohn al Don Giovanni di Mozart, alle ineffabili mani di un Horowitz nel concerto n. 3 di Rachmaninov sotto la direzione di Zubin Mehta, al Kempff delle sonate beethoveniane, ai Boney M., ai Coldplay, alle voci di Giusi Ferreri, Giorgia, Amy Winehouse, Youn Sun Nah e Melody Gardot, alle magie ipnotiche di Shine on you crazy diamond, alle eccellenti spiegazioni regalateci su YouTube da Vito Lo Re, compositore e direttore d’orchestra, e, sempre su quella piattaforma, da Diana Mian, mezzosoprano internazionale e appassionata, scrupolosissima divulgatrice.
Del cinema, fotogramma sempre in movimento, e degli scacchi parleremo in un’altra occasione
Cosa non le piace?
L’indifferenza verso i più deboli, gli anziani e la disabilità, l’emarginazione di chi non risponde ai canoni di un corpo o di una mente prestanti, la violenza fisica o psichica sulla donna, sui più piccoli, la condizione nelle carceri.
La casa editrice Il Convivio pubblicherà in primavera un mio testo teatrale, L’incontro, sul dramma all’interno dei vecchi e soppressi OPG, di fatto luoghi di detenzione a tempo indeterminato.
Non amo quello che Maria Corti definiva ‘il balletto dell’insignificanza’, l’aprire bocca e darle fiato, il pressappochismo e la partigianeria, soprattutto se presenti nei mezzi di informazione, la banalità, la supponenza.
Non impazzisco per il calcio, né per l’insalata russa
Invece nella sua vita cosa reputa fondamentale?
Il rapporto con gli affetti, con i figli, con coloro che danno senso e indirizzo a scelte talora difficili da valutare compiutamente, ma fatte pensando a loro.
Mi piace ascoltare storie: durante una conversazione scendo al piano inferiore, quello degli invisibili, e indago i percorsi del pensiero, il risalire di sentimenti, delle emozioni. Amo i sentieri preparatori di un’emozione, quello che urge sotto un sorriso. Fatto 100 il contenitore dell’emotività personale, se il sorriso tira fuori un momentaneo 10%, non dimentico che il restante 90% è sommerso: il rispetto dell’altro come persona nasce anche da questa riflessione.
Compito della scrittura può essere allora tentare di tirar fuori il non detto, l’ignorato o proprio l’ignoto della vita. In fondo è proprio quello che tento di fare con Il termometro favoloso e il bambino tornato dal futuro, questo divertente romanzo per l’infanzia e la primissima adolescenza: attraverso il surreale, il meraviglioso, il comico, l’avventura trasformare l’inconscio del bambino e del ragazzo in immagini delle contingenze in atto, che si chiamino guerre, pandemie, o virus misteriosi nascosti nella vita quotidiana.
Il libro più bello che ha letto negli ultimi 3 anni?
Difficile restringere a uno solo quando se ne leggono tanti. Elencherei questi sette testi, letti recentemente, ciascuno di genere diverso:
- Il riflesso del lupo, thriller puro di Mauro Mazzanti, fra i più avvincenti mai letti, in cui la trama è un’ombra di terrore che insegue il lettore beffandolo, catturandolo fino all’epilogo sorprendente
- L’assassino più colto del mondo, di Simon Winchester, romanzo-indagine sulla vita incredibile di William Chester Minor, medico schizofrenico internato nel manicomio inglese di Broadmoor – che negli ultimi vent’anni dell’Ottocento collaborò alla redazione del monumentale OED, l’Oxford English Dictionary – e sul suo singolarissimo rapporto col professor James Murray, lessicografo incaricato dell’impresa. “Era pazzo, e della sua pazzia abbiamo motivo di rallegrarci”. Una follia molto diversa da quella con cui si apre il celebre Herzog di Bellow: “Se sono matto, per me va benissimo”, o da quella del protagonista del gogoliano Le memorie di un pazzo, preoccupato di un imminente evento apocalittico, la “terra crollerà sulla luna”
- Rumore bianco, di Don DeLillo, potentissimo romanzo postmoderno, dove il presunto reale è allucinazione e l’individuo si “espande, cresce in valore” a contatto con un presente estremizzato, frammentato in esterni; fino a quando una nube tossica e l’angoscia altrettanto infestante legata al timore della morte spezzeranno questo processo
- Don Chisciotte (finalmente non quello scolastico…), elogio alla creatività che distorce la percezione del mondo, al potere liberante della mente umana proprio quando delira. L’alterata coscienza della vita, l’eroismo della volontà con cui Don Chisciotte piega il destino svelano nel comico un paradossale lato tragico, e quindi fanno scoppiare di realtà il racconto. Le ingenuità disarmanti e grottesche si coniugano con inesauribili profondità di rappresentazione, basti pensare all’emblematica narrazione della discesa nella Grotta di Montesinos, sorta di microcosmo del poema, che con la propria geniale ambiguità generativa influenza tuttora la critica
- L’orologio della passione, dove la mistica Luisa Piccarreta sonda in modo ineffabile, personalmente mai letto finora, l’inaudito percorso di amore e dolore fatto da Gesù nelle ore della Passione, e si apre a una commossa richiesta di partecipazione al lettore
- Domani nella battaglia pensa a me, del compianto Javier Marìas, il testo più struggente
- Lettere dal carcere e l’albero del riccio, di un Gramsci che scopre come il carcere lo renda passivo e apatico. Motivo per cui è intento a mantenere il rapporto con madre moglie e figli al di sopra della sofferenza della prigionia, nonostante la “coscienza che io stesso ho di essere, in questi anni, diventato più «libresco», di assumere talvolta un tono predicatorio e da maestro elementare”. Un Gramsci che spazia dal ‘robinsonismo’ del fantasticare a considerazioni sulla personalità dell’adolescente, alla pedagogia minuta e difficile riguardo ai due figli semisconosciuti, alla critica storica e letteraria, alle fiabe inserite nelle lettere, a Wells che dormicchia 360 giorni l’anno, a Tolstoj, al bisogno di un sonnifero, in un randomico toccare ogni lato dell’umano
- Metterei ora un libro di Paul Auster, ma non dico quale, avevo promesso sette
C’è un motto, una frase o un aforisma che potrebbe caratterizzarla?
Vorrei esprimermi in termini poetici, partendo dall’infanzia:
“Leggo e scrivo, come in prima elementare, anche se con consapevolezza maggiore. Cerco di sorridere come allora.
Il diritto riscrive la buona fede infantile, senza ricordarsene. La sentenza può dichiararti innocente, ma non può conoscere l’innocenza.
Il processo ritualizza la colpa a categorie, lo psicoterapeuta ti aiuta a proscioglierti dalle tue. Ma la tua assoluzione non è un dispositivo che pronunci in piedi, in un pugno di minuti: la lettura solitamente dura anni.
Cerco il cielo nelle pozzanghere, il sole in un fiore che sboccia, in un bambino che nasce.
La natura è qui e lì, un giorno mi immergerà nella sua vita misteriosa.
Scopro la scintilla in uno sguardo; o in un mio gesto mancato, e allora è incendio. Ho paura di non amare.
Attendo l’Altro. La mattina torno all’inizio dell’avventura-vita, la sera scelgo il letto di un fiume in secca, in attesa di vedere il ritorno dell’acqua, il sorgere di una pianura liquida che avanza. Ogni giorno ringrazio Dio padre e madre per esserci, lui e io, come mare e goccia.”