Intervista allo scrittore Pierpaolo Garibaldi
Pierpaolo Garibaldi si è laureato in Chimica Industriale all’Università di Pisa. Ha lavorato per trentacinque anni all’Eni nel campo della ricerca e dell’innovazione sull’energia e sull’ambiente. Successivamente ha partecipato, in qualità di esperto per il Ministero dell’Ambiente, ai gruppi di lavoro e alle commissioni internazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra nell’atmosfera. Pubblicazioni precedenti: Come eravamo. I racconti del Borgo – SBC Edizioni, 2009. Rievocazione dei ricordi dell’infanzia vissuta negli anni del dopoguerra, nel paese di Borgo a Mozzano nella valle del Serchio in Toscana. Fantasmi – Casa Editrice Kimerik, 2009. Gli animali estinti corrono in difesa delle specie minacciate dall’uomo. Purtroppo è una battaglia già persa in partenza. Il Signore non aveva previsto la ci-o-due – Casa Editrice Kimerik, 2009. L’uomo ha stravolto il progetto della creazione del Signore e sta distruggendo il mondo, a lui affidato, con l’emissione incontrollata di gas serra. Resta ormai poco tempo per salvare la nostra meravigliosa Terra dalla catastrofe del riscaldamento globale. Ogni tanto mi giro indietro – Book Sprint Edizioni, 2012. Le due nonne rivivono attraverso il ricordo del loro mondo a cavallo tra ‘800 e ‘900. Liliana – Book Sprint Edizioni, 2014. Dopo cinquant’anni di vita insieme non ci si può separare solo perché un cuore ha cessato di battere. La stirpe di Shisong – Casa Editrice Kimerik, 2017. Due Associazioni di volontariato italiane e un convento di suore terziare francescane costruiscono un centro avanzato di cardiochirurgia nel nord-ovest del Camerun. Più di millecinquecento bambini affetti da cardiopatie congenite sono stati salvati fino ad oggi. Alcuni di questi bambini sono diventati adulti e hanno generato i loro bambini. Una nuova stirpe si sta formando in Africa Centrale: la stirpe di Shisong. Centonove quadri scritti a mano – Casa Editrice Kimerik, 2020, i ricordi di una vita trascorsa a cavallo tra il vecchio mondo e il nuovo mondo. The Line of Shisong – Casa Editrice Kimerik, 2021, edizione inglese di La Stirpe di Shisong.
COME E’ ARRIVATO A QUESTA PUBBLICAZIONE ?
Il primo giorno da pensionato, nel lontano 2001, l’ho trascorso in montagna. Mi sentivo leggero di corpo e di spirito; quasi correvo sugli stretti sentieri che portano al Resegone; una lunga camminata con l’animo frizzante. Per 35 anni avevo lavorato dieci ore al giorno e ora mi trovavo improvvisamente disoccupato. Quel primo giorno andò bene, ma poi seguì una settimana di pioggia e dovetti restare rinchiuso in casa con lo sguardo rivolto al cielo. Nella mente, ormai sgombra dagli impegni del lavoro, affiorano i ricordi della mia vita trascorsa tra il Borgo e Pisa, dalla mia nascita fino alla laurea. E così prende forma il mio primo libro: “COME ERAVAMO”, una descrizione semplice del mondo dell’infanzia e della prima giovinezza. Mi sentii orgoglioso di questo primo libro; avevo ripreso i contatti con la penna, con i temi della Stefanelli, la severa prof di Italiano del liceo di cui ero innamorato anche se sembrava una scopa .
L’immenso rogo di zanne di elefante in Kenia mi dette la spinta a occuparmi del mondo degli animali selvatici. In pochi decenni gli elefanti erano sull’orlo della estinzione. Arrivò all’improvviso il ricordo che era rimasto nascosto per decenni nella memoria: al mio paesino (Cerreto) solo io e mia sorella stavamo per Coppi. Tutto il resto del paese stava per Bartali. Ma quando seppi che Coppi aveva preso la malaria in Africa a caccia di elefanti con Gemignani , non volli più sentir parlare di ciclismo. Dolevo fare qualcosa per rimediare ai disastri combinati dal mio “eroe” e nacque così il mio secondo libro “FANTASMI” in cui descrivo gli sforzi, purtroppo inutili, degli animali estinti per salvare le specie a rischio.
Nei primi anni duemila, l’effetto serra era diventato una certezza nel mondo scientifico mondiale in cui avevo lavorato per anni presso i laboratori di ricerca dell’Eni e poi presso il Ministero dell’Ambiente. Ma i politici restarono impassibili a difesa delle montagne di dollari che producevano carbone e petrolio. Partecipai ad un congresso a Roma sul riscaldamento globale e un professore di Bologna dichiarò dal pulpito che l’effetto serra era una balla inventata da un groppuscolo di scienzati in cerca di fama. Ere calde ed ere fredde si erano alternate sulla terra nel corso dei millenni. Nessuno intervenne contro di lui. Mi prese un groppo alla gola e non fui in grado di replicare. E così venne fuori il mio terzo libro, “IL SIGNORE NON AVEVA PREVISTO LA CO2”. Ma dai rapporti periodici della casa Editrice risultò subito lo scarso successo del mio libro. Ne saranno state vendute una decina di copie in tutto. Neppure alla popolazione importava niente del riscaldamento globale e delle sue conseguenze.
Non restava che rifugiarmi nei ricordi, un mondo tutto mio, dove potevo parlare e discutere con le varie persone, vive o morte che avevo incontrato. E così pubblicai, in pochi anni, tre libri su questo filone ”OGNI TANTO MI GIRO INDIETRO”, “LILIANA” (mia moglie), “CENTONOVE QUADRI SCRITTI A MANO”. Un’ora di attenzione al Salone di Torino e poi l’oblio. E si arriva così a questo ultimo mio ultimo libro: “IL PENSIERO – UN VIAGGIO INFINITO”.
QUANDO E COME NASCE “IL PENSIERO- UN VIAGGIO INFINITO” ?
Tornavo ogni giorno ai miei libri della memoria. Mi piacevano tutti quei ricordi che avevo raccontato, ma c’era qualcosa che non andava, come quando hai mangiato un po’ troppo; un certo peso sullo stomaco e non sai bene se siano state le cipolle o il cavolo nero. Poi ebbi una intuizione: forse avevo raccontato il mondo della memoria da cronista, più che da protagonista. La memoria era davanti a me invece di essere io stesso la memoria. Erano cronache di fatti più o meno dettagliate, più o meno coinvolgenti; non ci trovavo la mia essenza. Non provavo emozioni. Descrivevo le giornate passate con mio padre quando mi raccontava le fole della Versilia o quando mi parlava delle Fosse Ardeatine. Ma io non c’ero. Forse questa era la ragione per la quale i pochi lettori non si sentirono coinvolti e non parlarono dei miei libri presso i loro amici. Una sera il libro, che stavo leggendo a letto, mi cadde dalle mani: il cervello non aveva più il controllo, ma il sonno non era ancora arrivato. In quei pochi istanti del “dormiveglia” il mio Pensiero partì veloce alla ricerca dei ricordi. Arrivò il sonno con i suoi sogni e i suoi incubi. Al mattino sogni ed incubi erano svaniti, ma il Pensiero mi aveva lasciato alcuni fili tenui. Erano la traccia dei miei ricordi. E nacque così questo ultimo mio libro.
STA SCRIVENDO? HA ALTRI PROGETTI NEL CASSETTO?
Alla fine di dicembre 2024 Kimerik ha pubblicato il mio ultimo libro “IL PENSIERO- UN VIAGGIO INFINITO”. Non mi aspetto alcun successo commerciale, ma scrivere questo libro mi ha dato una grande soddisfazione. Con questo mio libro ho raggiunto una specie di immortalità assieme ai miei compagni di viaggio. Tra cento anni qualcuno prenderà questo libro dallo scaffale di una biblioteca e lo leggerà e io tornerò a vivere. Appena ho ricevuto il messaggio da Kimerik che il libro era stato stampato, ho avviato un altro libro per il quale ho già scelto il titolo: “IL PENSIERO- UN VIAGGIO INFINITO – 2”. Non c’è molta fantasia in questo titolo, ma non ci poteva essere: è il secondo tempo della partita con la mia memoria. Il primo racconto di questo libro numero 2, è “La morte del maiale”. Una mattina di gennaio un bimbetto di cinque o sei anni con i calzoncini corti e un giubbetto sgualcito, sta fissando una scena apparentemente tranquilla: Gigi di Cima fa le carezze al grosso maiale che sta mangiando qualcosa per terra. Accanto a Gigi, c’è suo figlio Camillo. In un attimo il maiale viene atterrato e rovesciato con gambe in alto. Urli immani: il maiale ha capito che lo stanno uccidendo. Camillo gli pianta il punteruolo vicino alla coscia sinistra, alla ricerca del cuore. Un tempo infinito perché le urla cessino. Poi inizia la procedura di attracco del maiale al soffitto a testa in giù perché il sangue deve uscire da vene e arterie. Mi avvio lentamente verso casa: “E’ stata una scena terribile” pensa quel bimbetto, “ma dovevo vedere come muore un maiale”.
DI COSA SI OCCUPA? SI VUOLE RACCONTARE E VUOLE RACCONTARCI IL SUO MONDO PRIVATO?
E’ arrivata la vecchiaia: sono il più vecchio nel gruppo letterario del Comune, sono il più vecchio alla cena di Capodanno, sono il più vecchio nelle riunioni di condominio. Questo stato non mi pesa granché. Ho una diversa percezione del tempo che passa. Le giornate sono più corte, i mesi scorrono più veloci, la distanza tra Natale e Pasqua si fa sempre più breve. A volte mi viene in mente di fare la proposta di contare un anno ogni due, ma non riesco a capire a chi possa fare questa proposta e ci rinuncio.
COSA LE PIACE?
Di quelle cinque righe parallele conosco solo il nome “pentagramma”. Gli altri “virgolotti” con la testina grossa, sono le sette note. Del linguaggio della musica non so altro. Resto incantato quando la mia nipotina Thi Thao di nove anni suona la pianola seguendo lo spartito. Il mio amore per la musica, o meglio per l’Opera, nacque una sessantina d’anni fa quando io e Liliana, fidanzati da poco, ricevemmo in regalo due biglietti per la Butterfly al Teatro del Giglio a Lucca. Fu amore a prima vista. Mi ritengo oggi un esperto di Opera: conosco tutte le opere, tutti i direttori di orchestra, tutti i cantanti. Spesso sono un po’ troppo critico nei confronti della regia: quella scena l’avrei fatta un po’ diversa; luci troppo basse; è vero che l’Opera è eterna, ma questo cambio di epoca non mi va; non puoi vestire Nabucco con giacca e cravatta. C’è un DVD collegato alla tv di camera; è bello addormentarsi con la Netrebko nei panni di Manon.
C’è un’altra passione che coltivo (nel vero senso della parola) da oltre cinquant’ anni: l’orto dietro casa. Ogni anno faccio una programmazione accurata di semine e trapianti in modo da avere la verdura “fresca” per tutto l’arco dell’anno. L’ultimo cespo di cicoria invernale deve combaciare con il primo cespo di insalatina primaverile. L’orto è molto costoso: sono stato più volte tentato di fare il bilancio annuale tra spese e ricavi, ma ci ho dovuto sempre rinunciare perché non sono mai riuscito a quantificare i benefici in termini di esercizio fisico e di riposo del cervello.
COSA NON LE PIACE?
A partire dai venti anni, sono entrato in una sala cinematografica pochissime volte. In sessanta anni ho visto 24 film(uno più o uno meno) e di questi, 20 per una sfida tra gli amici di università nel giorno della festa delle matricole quando tutti i cinema della città facevano entrare gratis e invece del biglietto dovevamo mostrare il tesserino universitario. Correvamo come pazzi nella città da una sala all’altra e dopo la mezzanotte facevamo la conta a chi era riuscito a vedere un film in più degli altri. Alla trama, alla regia, agli attori non facevano grande attenzione.
Non ricordo nulla di quella ventina di film visti in cinque anni. Nei successivi 60 anni sono stato in una sala cinematografica ben quattro volte. Pertanto il bilancio globale della mia vita, fino ad ora, è di ventiquattro film, ma solo degli ultimi quattro conservo un ricordo vivo come se li avessi visti ieri: “Sentieri selvaggi”, “Corvo rosso non avrai il mio scalpo”, “Sette anni in Tibet” e “Indovina chi viene a cena”. Dato il numero così ridotto, è stato facile per la mia memoria tenere al calduccio questi film.
“Sentieri selvaggi”: mi piacque moltissimo più per la scenografia che per il contenuto: il film è ambientato nel Monument Valley National Park, nello Utah: un deserto di sabbia e rocce rosse con sfondi meravigliosi dei pinnacoli che si alzano perpendicolari dal deserto: sembrano le tre cime di Lavaredo, forse ancora più belli per il colore rossiccio.
“Corvo rosso non avrai il mio scalpo”: mia moglie mi portò con sé a vedere questo film nell’ambito di un programma culturale organizzato dalla parrocchia. Si tratta di una specie di guerra personale tra un capo indiano e un cacciatore bianco di pellicce. Una storia abbastanza banale di inseguimenti e agguati che si conclude con un gesto di pace tra i due. Dovevo fare il coordinatore della tavola rotonda che ne seguì; mi trovai in difficoltà per la mia assoluta inesperienza di cinema.
“Sette anni in Tibet”: fu il mio unico film che andai a vedere con mia figlia che aveva allora dieci (dodici) anni. Mi piacque molto perché amavo e amo tuttora il Tibet e le sue immense catene di montagne. Visitare la città di Lhasa del Dalai Lama è stato per anni il mio sogno. Poi lessi da qualche parte che il film era stato girato in Cile perché i Cinesi non avevano dato l’autorizzazione. Ci rimasi molto male; mi sentii un po’ tradito dalla finzione del cinema.
“Indovina chi viene a cena”: festeggiammo un qualche evento, forse un aumento di stipendio, e portai mia moglie a cena in centro a Milano. Dopo cena, mano nella mano, ci trovammo di fronte a un cinema dove era in programma questo film. Una storia abbastanza banale dei primi approcci di integrazione dei neri nell’alta società americana. Il film mi tenne incollato alla poltroncina; non mi aspettavo che mi sarebbe piaciuto così tanto. Poi, molti anni dopo, questo film si è risvegliato nella memoria e lentamente ho cominciato a capire perché mi fosse piaciuto così tanto. Spencer Tracy, il protagonista, somigliava moltissimo a mio padre. Forse sarebbe più corretto dire che mio padre somigliava a Spencer Tracy, ma io ovviamente do la precedenza a mio padre: stesso volto pieno di rughe profonde, stessa tempia ampia e stessi capelli lisci tendenti al bianco. Quando poi Spencer Tracy si mette il cappello, diventa l’immagine sputata di mio padre. Ma il ricordo più bello sono gli occhi cerulei e profondi di entrambi.
INVECE NELLA SUA VITA COSA REPUTA FONDAMENTALE?
Ho superato gli ottanta da un po’. E fino ad ora ho la netta sensazione che la mia via vita passata sia ancora compressa in qualche scomparto della memoria. Il degrado fisico lo accetto; mi spaventa invece il degrado della mente. Spero che quando arriverà non sia in grado di rendermene conto.
IL LIBRI Più BELLO CHE HA LETTO NEGLI ULTIMI 3 ANNI?
La mia casa è piena zeppa di libri. Credo di aver superato i tremila volumi: una piccola biblioteca degna di quella di Leopardi che mi stregò durante la visita alla sua casa. Fino a qualche anno fa, nella scelta dei libri mi ero affidato ai giudizi degli “esperti” nazionali (premi Strega, Bagutta, Bancarella, Viareggio, e Campiello) e internazionali (Nobel). Da una decina d’anni a questa parte, questi libri, al top delle classifiche di vendita, non mi piacciono più, non mi danno più nessuna emozione. Sono tornato allora sessanta anni indietro, quando mi innamorai dei “veristi” americani: Hemingway, Steinbeck e la Buck. Per colpa loro smisi di leggere Pascoli, Carducci e d’Annunzio mettendo a rischio la maturità. Ho riletto, con nuova avidità, le loro opere. Il libro più bello che ho letto negli ultimi tre anni, anzi che ho riletto, è stato “PER CHI SUONA LA CAMPANA “. Robert Jordan, esperto di esplosivi, combatte assieme ai partigiani della Repubblica dietro le linee nemiche. La sera prima di far saltare il ponte, per cena mangia una cipolla cruda e ci mette molto tempo (due pagine) a tagliarla con il suo coltello. Queste due pagine bellissime, che mi erano sfuggite nella lettura ai tempi del liceo, rendono il dinamitardo americano più umano, più vicino, più vero; ti ci puoi specchiare.
C’E’UN MOTTO, UNA FRASE O UN’ AFORISMA CHE POTREBEB CARATTERIZZARLA?
Ho avuto due idoli nella mia vita: Cesare che dettava contemporaneamente dieci lettere a dieci scriba diversi e un giocatore di scacchi che ho incontrato in una piazzetta di Copenaghen che andava avanti e indietro giocando con 10 avversari. Fare più cose contemporaneamente mi ha sempre affascinato nel mio lavoro. Ci provo ancora, ma con scarsi risultati.