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Intervista ad Andrea Ravazzini, autore del libro “Addiction – Attaccamento, fattori evolutivo-relazionali e disconnessioni”

Andrea Ravazzini vive tra Modena e Corlo, una frazione del Comune di Formigine (MO). Ha conseguito una laurea triennale in Scienze del Comportamento e delle Relazioni Interpersonali e Sociali e una laurea magistrale in Psicologia (percorso: Processi di Intervento Clinico/Sociali) presso l’Università degli Studi di Parma. Ha inoltre conseguito un master di I livello in Dipendenze Patologiche: Strategie d’Intervento e Prevenzione e un master di II livello in Psicologia del Comportamento Alimentare presso l’Università degli Studi Niccolò Cusano Telematica, Roma. Ha lavorato nell’area Immigrazione (Accoglienza dei Richiedenti Protezione Internazionale) sul territorio modenese e in diverse comunità residenziali per minori. Lavora per il Centro di Solidarietà di Reggio Emilia Onlus, sul territorio reggiano, nell’area Dipendenze Patologiche, in una struttura residenziale.

Oggi l’autore ci parlerà un po’ di sé e del libro “Addiction – Attaccamento, fattori evolutivo-relazionali e disconnessioni”. Ci vuole dire com’è arrivato a questa pubblicazione?
Buongiorno a tutti, la pubblicazione di questo lavoro, nella forma attualmente proposta, è stata possibile anche grazie all’impegno delle persone della casa editrice Kimerik, per cui approfitto di questo spazio innanzitutto per ringraziare tutti coloro che vi hanno in qualche modo contribuito.
Il libro è frutto di un percorso di esplorazione e di ricerca, infatti si caratterizza essenzialmente come un lavoro di ricerca all’interno della letteratura psicologica. Ciò che mi ha spinto ad approfondire tali tematiche è stata una particolare curiosità, quella di voler capire i collegamenti che la ricerca psicologica evidenziava tra attaccamento e addiction. Questo libro quindi è stato il prodotto di una ricerca, di un viaggio di “scoperta”. Pertanto, oltre che essere un lavoro “accademico”, è stato volto ad esplorare e a cercare di fornire una risposta ad una domanda: quanto e in che modo la qualità delle prime relazioni evolutive influisce e predispone al rischio di sviluppare successivamente una qualche forma di dipendenza patologica?
Se si considera una tra le teorie più importanti ed accreditate all’interno delle scienze psicologiche, cioè l’attaccamento, quali possono essere considerati i processi fondamentali ed i meccanismi basilari implicati nello sviluppo e nel mantenimento di tali condizioni di sofferenza umana?
Quali possono essere ritenuti i nodi essenziali a cui riconducono le radici evolutive e relazionali alla base delle varie forme di addiction?
Anche a livello metaforico, il termine “addiction” sembra delineare in modo alquanto significativo ciò che caratterizza la condizione di dipendenza patologica: la sofferenza di una persona che è chiusa in una “gabbia”, che si trova “impantanata” in una condizione di “schiavitù” da cui non riesce ad uscire. Nonostante le conseguenze devastanti che porta al soggetto e alle persone a lui vicine, una dipendenza patologica arriva a costruirsi gradualmente e a mantenersi perché basata su di una modalità di “autocura” reiterata. Nel campo delle dipendenze patologiche inoltre un altro costrutto fondamentale è quello di craving, che richiama la bramosia ipertrofica al consumo e alla messa in atto. Usufruire di una particolare sostanza psicoattiva o mettere in atto un comportamento permette di soddisfare bisogni, di colmare carenze o deficit, di ottenere un grado di regolazione emotiva che non si riesce ad ottenere altrimenti. Pertanto ricorrere all’oggetto, ad un “regolatore esterno”, diventa un modo per trovare un rifugio quando si è soverchiati da stati emotivi sperimentati come ineluttabili e sopraffacenti.
Le dipendenze patologiche sono un fenomeno devastante alquanto complesso, un prodotto emergente nella storia del singolo legato all’intreccio unico di molteplici fattori di varia natura. Pertanto è necessario un approccio globale, integrato, bio-psico-sociale, per provare a coglierne la trama. Come esseri umani, sin dalla nascita siamo predisposti ad entrare in connessione con gli altri. Le connessioni sociali costituiscono un ingrediente essenziale della vita di ogni persona lungo tutto l’arco di vita. In questo testo, le chiavi di lettura utilizzate sono peculiari. In estrema sintesi, le diverse forme di addiction vengono concettualizzate essenzialmente come un disturbo in qualche modo legato all’attaccamento, come condizioni che arrivano a costituirsi perché indissolubilmente collegate ad una profonda dis-connessione e all’eredità di esperienze traumatiche di tipo relazionale.

Quando e come nasce “Addiction – Attaccamento, fattori evolutivo-relazionali e disconnessioni”?
Ho elaborato questo testo principalmente nel corso del primo periodo di lockdown dettato dalle misure di prevenzione e contrasto rispetto alla diffusione di COVID-19. Quindi in un periodo dominato da condizioni di “chiusura”.

Ha un profilo Social? Ci vuole dare il suo Domicilio virtuale?
Per chi volesse contattarmi in merito al libro, preferisco mi scriva al seguente indirizzo mail: andrea.ravazzini@yahoo.com

Sta scrivendo? Ha altri progetti letterari nel cassetto?
Al momento non sto scrivendo in vista di un’altra pubblicazione, però mi piacerebbe in futuro lavorare ulteriormente e pubblicare un libro che tratta dei disturbi alimentari.

Riserviamo l’ultima parte dell’interviste a domande personali. Conosciamo meglio l’autore, ci racconti, di cosa si occupa? Si vuole raccontare e vuole raccontarci il suo mondo privato?
Lavoro nel campo delle dipendenze patologiche ed è un ambito che mi appassiona molto; del resto, nel tempo libero, mi dedico alla lettura, allo sport.

Cosa le piace?
Ciò in cui credo e che per me ha valore: amore, accettazione, dedizione, passione, impegno, rispetto, sincerità, onestà, ricerca, genuinità, ironia, speranza, compassione, perdono, fiducia, serenità.

Cosa non le piace?
Prima di tutto la violenza nelle varie sue forme, dalle più esplicite alle più sottili.

Invece nella sua vita cosa reputa fondamentale?
Cercare di vivere e di rapportarmi con gli altri e con me stesso in linea con ciò che per me ha valore.

Il libro più bello che ha letto negli ultimi 3 anni?
Ammetto che questa, per me, è una domanda a cui mi risulta difficile rispondere scegliendo solo un titolo, però uno dei più significativi è stato “Una vita degna di essere vissuta”, scritto da Marsha M. Linehan.

C’è un motto, una frase o un aforisma che potrebbe caratterizzarla?
Mi è sempre piaciuta una frase di James Frey scritta nel suo romanzo “In un milione di piccoli pezzi”, che, parafrasata, indicherebbe che il senso della vita risulta essere una ricerca, un percorso che porta a capire che, in fondo, tale senso non consiste in qualcosa di predeterminato, “preconfezionato” e pronto all’uso, ma in tutto ciò che una persona vuole che sia. Quindi è una scoperta ed una ricerca, un processo continuo ed ininterrotto, un cammino in divenire, che viene costruito mentre lo si percorre con gli altri.

Alla prossima emozione condivisa e buona lettura:
Link del libro 
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