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Intervista alla scrittrice Rosanna Abbaticchio

Rosanna Abbaticchio nasce a Milano il 13 maggio 1989 ma vive e cresce a Bari, dove si forma presso il Liceo Scientifico “Scacchi”, si laurea in Psicologia presso l’Università “Aldo Moro” e successivamente in Pedagogia. Pragmatica ed essenziale, sensibile e passionale, vorrebbe rincorrere ininterrottamente l’intensità della vita, nei gesti, nelle emozioni, nelle persone, nelle parole di una scrittura che parli di sé, attraverso una sincera ed empatica condivisone del Noi.

Nuove parole, nuove emozioni. Eccoci con un’altra intervista. Oggi parliamo con Rosanna Abbaticchio, autrice del libro “Il suicidio di una farfalla”.

 

Prima di parlare del libro, conosciamo meglio la scrittrice:
Si vuole raccontare in tre righe? Bastano?

Buonasera, grazie per la possibilità ricevuta di raccontarmi sul vostro Portale Parlamidite.com, ne sono molto lusingata.

Sono una giovane adulta di 34 anni, attualmente lavoro in qualità di educatrice per l’infanzia presso un asilo nido di Bari, ma la mia formazione è in continuo aggiornamento.

Ho molto a cuore l’aspetto educativo personalizzato e le svariate capacità di apprendimento dei bambini nei primi di età, in quanto le mie competenze professionali, coadiuvandosi con competenze più trasversali e tratti caratteriali, mi avvicinano in modo spontaneo ed empatico alla fantasia,  agli stimoli più creativi e al potente strumento del “gioco” che ogni bambino nel suo periodo d’infanzia sperimenta, sviluppando, citando la teoria del pedagogista italiano Loris Malaguzzi,  i “100 linguaggi” della conoscenza.

Nella vita sociale e privata, alterno momenti di nutriente solitudine a momenti di costruttiva socializzazione: questo mi permette di avere un’ampio ventaglio di attività culturali e di interesse da condividere con gli altri ma anche da vivere in totale autonomia.

Ho la fortuna di essere circondata da amici e familiari che mi sostengono in ogni scelta e, in questo caso specifico, il loro prezioso supporto per la pubblicazione del mio libro è stato fondamentale: questo mi permette di vivere un forte senso di gratitudine nei loro confronti.

P.s. Tre righe non mi sono bastate, sto ancora lavorando sulle capaciutà di sintesi;) Spero comunque di essere riuscita a raccontarmi ai lettori.

La copertina colpisce subito. Il titolo poi è molto diretto. Ci vuole raccontare come mai questo titolo?

In collaborazione con la designer Martina della Casa Editrice Kimerik, con cui ho svolto un entusiasmante lavoro di ricerca e confronto, l’immagine della copertina è stata pensata, elaborata graficamente da me, e poi ridefinita dal design editoriale, in quanto, il mio auspicio era di veicolare una libera interpretazione dei lettori nel significato, nella forma e nei colori dell’elemento naturalistico della farfalla, simbolo di un processo in divenire dalle sfumature che incoraggiano a creare connessioni con le sfumature emozionali riflesse nella lettura del libro.

 

Il titolo è stato pensato sulla base di un evento che mi è capitato diversi anni fa, in cui, in un contesto naturale paesaggistico,  durante una passeggiata sul lungomare del mio paese, una farfalla dai colori scelti per l’immagine di copertina, si è posata così vicino ai miei occhi, che ne ho potuto cogliere lo stupore, sublimando in quella visione un piccolo ed acerbo bozzolo nero intriso di dolore e rabbia, ma che non può ancora sapere che, dal filo di seta che muta con lui, rinascerà una splendida farfalla.

In questa immagine vi è una forte similitudine con il processo di trasformazione della mia esperienza personale ed emotiva.

 

 

Quando e come nasce “ Il suicidio di una farfalla “?

Il manoscritto nasce intorno al 2013 dalla necessità di trovare una forma in cui canalizzare emozioni, parole, pensieri troppo dolorosi da poter elaborare con lucidità dalla ratio umana.

Sin da bambina ho trovato nella scrittura un forte valore terapeutico e rigenerativo, così, ho iniziato ad annotare sulle pagine di un quaderno riflessioni ed emozioni che silenziosamente, su quel quaderno dalla copertina rossa, riposto tante sere prima di andare a dormire nel primo cassetto del mio comodino, hanno iniziato a prendere una forma di condivisione.

 

 

 

 

 

 

Quindi c’è un luogo o un momento particolare in cui dice: Ecco finalmente adesso scrivo questa storia?

Si, quando lo stupore della farfalla di cui ho scritto pocanzi, si è mostrata ai miei occhi.

Da quel momento, apppunti, capitoli, frasi scritte e parole accennate hanno iniziato a prendere l’aspetto di una storia che, dal lontano 2013 all’attuale 2023 è diventato, grazie alla proposta editoriale della Kimerik,  un romanzo autobiografico,  un libro stampato per cui provo stupore, incredulità e gioiosa gratitudine, ogni volta che lo consegno ad amici lettori o ne ho un feedback personale e costruttivo.

Leggere e sapere che l’altro-diverso da me, abbia la possibilità di leggere qualcosa di me e magari di rivedersi, o forse no, in alcune righe del romanzo, è un’emozione unica ed un onore irripetibile nel suo genere.

 

 

 

 

 

Ha altri progetti letterari nel cassetto?

Mi piacerebbe poter scrivere e pubblicare un sequel del primo libro, ma anche scrivere rispetto ad altri contenuti che abbiano una risonanza sociale e di riflessività sulla collettività in termini di sensibilizzazione, conoscenza e informazione.

Mi piacerebbe anche poter partecipare a fiere del libro nazionali e internazionali, a concorsi letterari e ad ogni genere di iniziativa che mi permetta di creare connessioni e fare rete all’interno del contesto artistico-letterario più ampio.

 

 

Ha un profilo Social? Ci vuole dare il suo Domicilio virtuale?

Si, ho una profilo Facebook, Instagram, Linkedin e Twitter personale.

E’ in corso d’opera la valutazione di un profilo che si concentri sull’aspetto letterario del mio libro ma anche di informazione editoriale di vario genere (concorsi, progetti ecc…).

 

 

 

 

Mi permetta una battuta e mi faccia citare Marzullo: Si faccia una domanda e si dia una risposta.

 

 

 

 

Cosa le piace?

La domanda si presta a una moltitudine di risposte, ma, volendo accogliere tutti gli aspetti della mia vita, mi piace tutto ciò che è autentico, originale, sincero e che attivi i canali biologici ed emotivi di ognuno di noi, da un cibo (per me orecchiette con le cime di rape), a un suono (per me il rumore delle onde ma anche il suono della musica elettronica), a una visione (per me quando ho visto per la prima volta la Pietà di Michelangelo), a un profumo (per me il profumo dell’ olio di Argan), un gesto (per me l’abbraccio sincero di una persona a me vicina).

 

 

Cosa non le piace?

Non mi piace in generale chi trasforma il valore etico e sociale della giustizia in arroganza, prepotenza e prevaricazione dell’ingiustizia, tutto ciò che lede i diritti dell’uomo.

Non mi piace che la diversità di opportunità di vita per noi giovani sia ancora diversificata alle volte rispetto al proprio status sociale ed economico, e l’estrema fatica e senso del sacrificio con cui alcuni giovani si trovano quotidianamente a dover vivere per raggiungere un obiettivo professionale, personale o sociale.

Penso che bisognerebbe riflettere e dare più spazio ai valori della meritocrazia, sostenendo ogni scelta e progetto di noi giovani che metteremo le fondamenta, forse a tratti troppo precarie, per il futuro di domani.

 

 

 

 

 

Adesso può scegliere. Immagini di dover scegliere. Per il suo libro si augurerebbe una traduzione in inglese o una trasposizione cinematografica

La scelta è decisamente ardua, ma, avendo avuto la possibilità di ammirare alcune opere cinematografiche che raccontano aspetti simili ai contenuti che provo a trasmettere attraverso il potere della scrittura, mi piacerebbe dare un impatto visivo e visibile di un argomento che, a parer mio, si presta ad essere trattato dalla cultura cinematorgafica e dalle ricadute che un buon film riesce a veicolare sulla collettività.

 

 

 

 

 

 

Saluti i suoi lettori con un aforisma che parli di lei e delle sue emozioni…

 

Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza,

per affrontare solo i fatti essenziali della vita,

e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi,

e per non scoprire, in punto di morte,

che non ero vissuto.

Non volevo vivere quella che non era una vita,

 a meno che non fosse assolutamente necessario.

Volevo vivere profondamente,

 e succhiare tutto il midollo di essa,

vivere da gagliardo spartano,

tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita,

falciare ampio e raso terra

e mettere poi la vita in un angolo,

ridotta ai suoi termini più semplici.

HENRY DAVID THOREAU, Walden. Vita nel bosco, 1854.

 

 

 

Grazie per questo spazio condiviso,

Saluti,

Rosanna