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Intervista allo scrittore Antonio Romanazzi

 

Antonio Romanazzi nasce a Taranto il 10 marzo ed è bolognese di adozione dal lontano 1988. È un designer freelance, che si occupa di progettazione architettonica e lay-out d’interni per istituti di credito, uffici commerciali e stand fieristici ed è consulente di diverse aziende italiane nel campo dell’arredamento, anche su misura. Da sempre amante del genere poliziesco e soprattutto noir, ha iniziato a scrivere alcune storie sul genere ambientandole a Bologna e nei paesi della cosiddetta “Bassa”, territorio a est del capoluogo, inzuppato non solo di tanta nebbia, sempre utile in questi racconti, ma anche di tanta storia e di tantissimi personaggi curiosi, bizzarri e misteriosi, incontrati per davvero nella sua vita lavorativa, con tutte le loro manie, tic, abitudini e caratteristiche fisiche, collocandoli un po’ ovunque nei romanzi e facendoli diventare attori principali.

 

Nuove parole, nuove emozioni. Eccoci con un’altra intervista. Oggi parliamo con Antonio Romanazzi, autore del libro “Coincidenze – Crimini e delitti nel bolognese”.

 

 

Prima di parlare del libro, conosciamo meglio lo scrittore:
Si vuole raccontare in tre righe? Bastano?

 

Posso provarci, ma la vedo difficile.

Bene, nome e cognome li conoscete già e sono un designer d’interni. Ho girato e giro l’Italia per lavoro in lungo e in largo progettando sedi e filiali bancarie, uffici e stand fieristici e, grazie a questo, ho avuto e ho modo di conoscere continuamente parecchie persone. Per il tipo di attività che svolgo devo necessariamente avere un occhio attento e, da buon osservatore quale mi ritengo, l’attenzione inevitabilmente cade anche sui committenti o sui vari collaboratori con i quali mi tocca interagire e alcuni di loro mi hanno così scherzosamente incuriosito che ho “rubato” loro fisico, manie, tic e tutto quello che si portavano dietro, facendoli diventare attori principali dei miei racconti, sperando, poi, che si riconoscano in pochi, altrimenti per me… diventerà un vero incubo!

(Lo so, non sono stato nelle… “tre righe”. Perdonatemi). 

 

 

 

La copertina colpisce subito. Il titolo poi è molto diretto. Ci vuole raccontare come mai questo titolo?

Il titolo è venuto fuori in ultima analisi e, francamente, non mi ero nemmeno posto il problema inizialmente. Ma, leggendo e rileggendo il romanzo, dopo averlo lasciato per un po’ di tempo a decantare per le opportune verifiche e correzioni, mi sono accorto che il termine “coincidenze” usciva fuori spesso e da lì il passo è stato naturale.

Per quanto riguarda la copertina, siccome le indagini e gli aspetti peculiari del romanzo si svolgono quasi sempre in una Bologna buia, fredda e sempre piovosa, direi che non vi erano alternative e il fatto di scegliere come immagine uno scorcio di Piazza Maggiore (Piazza Grande) con in evidenza Palazzo Re Enzo, è emblematico, perché è lì che il mio commissario si rifugia di tanto in tanto in un bar per stare lontano da quelli frequentati dai vari colleghi ed è anche il posto in cui fa la conoscenza con una affascinante e seducente giornalista, la quale gli scombinerà, inevitabilmente, il cuore, l’anima e pure qualcos’altro…

 

 

Quando e come nasce “Coincidenze – Crimini e delitti nel bolognese”?

 

Direi che è nato… da sempre, ma non avendo mai il tempo di mettere nero su bianco, è rimasto in un cassetto della mente, come molti altri racconti. Ma poi…

 

 

Quindi c’è un luogo o un momento particolare in cui dice: Ecco finalmente adesso scrivo questa storia?

 

Certamente. Stavo per dirlo prima. Tutti noi siamo stati condannati agli arresti domiciliari per parecchio tempo per colpa di quella canaglia di virus del quale non voglio nemmeno fare il nome, quindi, una volta fatti quei piccoli lavori di riparazione in casa rimandati da sempre, sistemato finalmente il garage e cose così, mi accorsi di avere “incredibilmente” ancora del tempo a disposizione. Bene, mi sono detto, e ora? E lì ho compreso che quello poteva essere il momento giusto. E infatti così è stato.

 

 

Ha altri progetti letterari nel cassetto?

 

Come no! Ormai ci sto prendendo l’abitudine. Ho terminato il secondo romanzo dal titolo “La legge del taglione”, che poi è il seguito del primo (Coincidenze) e qui le inchieste del nostro commissario si faranno, per così dire, più ruvide e oscure, molto oscure. Teatro delle indagini sarà Budrio, paese bellissimo ad una quindicina di chilometri da Bologna, una narrazione accompagnata come sempre dal freddo gelido dell’inverno, dalla pioggia e dalla nebbia che in questi racconti sono sempre utili. Poi ho appena iniziato un terzo romanzo e questa volta le indagini convergeranno su uno stranissimo caso di omicidio o suicidio (non si sa…) e teatro delle indagini sarà una scuola media statale e sotto la lente d’ingrandimento, inevitabilmente, cadranno professoresse, professori, dirigenti, collaboratori e alunni che… Beh, stop per ora! Non posso e non voglio dire altro.

 

 

Ha un profilo Social? Ci vuole dare il suo Domicilio virtuale?

 

Ho due profili social e sono sostanzialmente professionali. Sono presente su Facebook con la mia pagina “Antonio Romanazzi Progettazione e Design”, su LinkedIn con il profilo “Antonio Romanazzi Interior designer” e da pochissimi giorni anche su Instagram. Vi basterà cercare “antonio37010”.

 

Mi permetta una battuta e mi faccia citare Marzullo: Si faccia una domanda e si dia una risposta.

 

Proverò.

Ma i miei racconti piaceranno?

Spero tanto di sì, anche perché io ci ho messo impegno, allegria, intraprendenza, tenacia e anche un pizzico di audacia, perché non sono i soliti gialli, no, no… sono anche brillanti, ironici e certamente (e qui mi dò da solo la zappa sui piedi) non per tutti, perché, come amo sempre dire, i miei racconti non sono fatti per individui bigotti, moralisti o conformisti, perché quando decisi di mettere “nero su bianco” avevo anche stabilito che i dialoghi dovevano rispettare un parametro un po’ fuori dai canoni abituali, quello, cioè, del linguaggio “terra-terra”, caratteristico di certi ambienti. Un linguaggio tipicamente da strada, povero, molto povero e imbottito di invettive e parolacce, proprio come spesso accade nella vita di tutti i giorni, schietto, diretto e senza inutili ipocrisie.

Poi non venitemi a dire che non vi avevo avvisati… 

 

 

Cosa le piace?

 

Sono un tipo semplice, quindi: l’allegria, la compagnia, ridere, la generosità, la curiosità, l’onestà, la trasparenza e il vivere civilmente. Queste sono le cose che mi fanno stare bene.

 

 

 

Cosa non le piace?

 

L’arroganza, la maleducazione, quando le persone girano gli occhi da un’altra parte invece di prestare aiuto (sono i peggiori), le chiacchiere inutili e… la noia. Io ho paura della noia. Sono uno che si stanca quasi subito. Sono fatto così. Le cose o mi “prendono” o niente. Per me dentro una qualsiasi “pietanza”, non devono mancare interesse, curiosità e passione.

 

 

 

Adesso può scegliere. Immagini di dover scegliere. Per il suo libro si augurerebbe una traduzione in inglese o una trasposizione cinematografica?

 

Sicuramente una trasposizione cinematografica, senza ombra di dubbio e per un solo motivo: quando scrivo è come se seguissi con la cinepresa i miei attori con tutte le loro manie, smorfie, i dialoghi tra loro, se c’è vento o pioggia, come si devono muovere, lo sfondo in cui si trovano in quel dato momento, l’atmosfera che si deve creare e quella che sarà la scenografia successiva… Scrivo come se vedessi già tutto in un film man mano che vado avanti.

E se poi questa diverrà realtà, sarà per me quantomeno spettacolare.

 

 

Saluti i suoi lettori con un aforisma che parli di lei e delle sue emozioni…

 

Penso siamo tutti fatti per vivere di emozioni. L’emozione è tutto. Ti dà carica, intraprendenza, audacia, ti fa piangere, soffrire o, viceversa, ridere o gioire. E in questa mia nuova avventura sento un’emozione speciale, forse mai sentita prima, carica sì di ottimismo, ma anche zeppa di timori e incertezze, essendo la mia prima volta come autore (volutamente scritto con la A minuscola…).

La massima che mi porto dentro e che mi richiama, l’ho inserita in una delle prime pagine del romanzo:

“Niente di meno del meglio. Il resto può restare dov’è!”

Non so chi l’abbia scritta (mea culpa), ma la faccio pienamente mia.

Un saluto a tutti Voi, grazie e… leggetemi, leggetemi, leggetemi.