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Intervista allo scrittore Ignazio Ravasi

Nel 2004 Ignazio Ravasi pubblica il suo primo romanzo filosofico, Viaggio verso l’inizio, nella collana Koinè di Montedit; nel 2008, con Caravaggio Editore dà alle stampe Specchiarsi nell’amore e nella morte; nell’aprile del 2010 compare tra gli autori di Parchi metropolitani, delle Edizioni ETS. Nel 2011 esce il suo terzo scritto, L’Enigma, a cura dell’editore Davide Zedda. Nel 2013 pubblica con Europa Edizioni il romanzo Il tesoro del Barbarossa e, tre anni dopo, edito da Kimerik, Profumo d’Australia. Nel 2021, infine, con Porto Seguro editore uscirà Pillole di Storia di Milano e dintorni.


Eccoci, curiosi e interessatissimi finalmente conosciamo Ignazio Ravasi, autore del libro “La caduta dell’Occidente”.

 

Ci vuole dire come mai è arrivato a questa pubblicazione?

 

Dopo un lavoro di ricerca e studio di numerosi anni, concentrati sul pensiero greco, su Parmenide, e poi su Marx, Nietzsche, Heidegger, Severino e tutti più importanti pensatori contemporanei a partire dal filosofo Carlo Sini, ho maturato una riflessione sulla crisi dell’Occidente e sul rapporto uomo – natura, che ho pensato di tradurre in dieci riflessioni che contengono molte “provocazioni”, molte domande, qualche risposta, che vogliono sollecitare il lettore a “uscire dagli schemi”.

 

 

Quando e come nasce “La caduta dell’Occidente”?

La grande preoccupazione per la crisi ambientale e politica, il susseguirsi di guerre in ogni parte del mondo, compresa la nostra Europa, la presa di coscienza che tutto ciò che pensiamo di sapere appartiene esclusivamente alla nostra sfera rappresentativa e che pertanto il mondo che pensiamo di conoscere corrisponde solamente al mondo che noi rappresentiamo, ebbene, tutto ciò mi ha convinto che esista la urgente esigenza di una nuova rivoluzione copernicana nel nostro modo di pensare, senza la quale nessun problema, ambientale, politico, sociale, economico potrà essere risolto

 

 

Ha un profilo Social? Ci vuole dare il suo Domicilio virtuale?

Al momento non ho un domicilio virtuale, opero sui social (Facebook, Instagram, Linkedin) utilizzando il mio nome e cognome. Ignazio Ravasi

 

 

 

 

Sta scrivendo? Ha altri progetti letterari nel cassetto?

Attualmente non ho altri progetti o lavori nel cassetto. Spero che dal confronto con i lettori, su questo mio ultimo impegno filosofico-politico, possano scaturire stimoli creativi e che possa affiorare quel pensiero non ancora pensato ma contenuto nel pensabile, necessario per avviare il cambio di paradigma auspicato.

 

 

 

Riserviamo l’ultima parte dell’interviste a domande personali. Conosciamo meglio l’autore, ci racconti, di cosa si occupa? Si vuole raccontare e vuole raccontarci il suo mondo privato?

 

 

Attualmente sono Consigliere delegato alla cultura del Parco Adda Nord in Lombardia.

 

 

 

Cosa le piace?

Oltre alla filosofia, amo molte altre cose. Ad esempio, viaggiare per terre vicine e lontane, conoscere genti, mondi, culture nuove e diverse.

Penso che la vita di una persona è racchiusa in quel corpo che ciascuno possiede da quando nasce a quando muore. Ciononostante, sono arciconvinto, che la spiritualità, laica o religiosa, sia una componente straordinaria del nostro vivere, dell’anelito al vivere bene la nostra unica ed esclusiva vita. Per spiritualità io intendo lo stupore, la meraviglia, l’estasi di fronte alla bellezza e alla magia della vita. Un’alba, un tramonto, lo sbocciare di un fiore, una lacrima, una goccia di rugiada, l’ascolto dell’altro, il contatto con l’altro, l’amore.

 

 

 

 

Cosa non le piace?

La chiacchiera, anche se adoro scherzare con gli amici e sorseggiare in compagnia (e in meditazione) del buon vino e del buon cibo.

E non mi piace l’arroganza e la prepotenza.

 

 

 

 

Invece nella sua vita cosa reputa fondamentale?

L’amore e l’amicizia.

 

 

 

 

Il libro più bello che ha letto negli ultimi 3 anni?

“Del viver bene”, un libro del filosofo Carlo Sini.

 

 

 

C’è un motto, una frase o un aforisma che potrebbe caratterizzarla?

C’è una poesia di Giovanni Pascoli, che mi fu vicina e cara da fanciullo e che ancora mi frulla nella mente, che non riflette il punto di arrivo del mio pensare ma il punto di partenza. Queste sono le parole che ricordo di quella poesia “La piccozza”:

 

Da me, da solo, solo e famelico,

per l’erta mossi rompendo ai triboli

i piedi e la mano,

piangendo, sì, forse, ma piano